13 Mag Recensione | Giorgio Ghiotti, Ipotesi del vero, Liberaria
Liberaria, 2023, pag 168, 15 eu
Passata l’era della giovane promessa, Giorgio Ghiotti si conferma una penna terrena. E lo si intenda – terrena – con tutta la reverenza per un immaginario duplice, di chi sta nel mondo senza sentire il peso di Atlante addosso. Lo sguardo laterale, eppure fitto, è la forza di “Ipotesi del vero”, in cui Ghiotti mette alla prova l’asse semantico del lirismo contemporaneo spostandolo verso visioni materiche. Dentro orizzonti capaci di rendere il quotidiano una vertigine. «Scrivo di sogni/di ore beate» pronuncia il poeta che non si fa mai vate o vittima, piuttosto testimone involontario. «Quale verità dovrò ascoltare/e in quale ordine/se prima il male che colpisce in sintomo/o quello potenziale che corteggio». Divisa in due parti, la prima è dedicata all’eterna fascinazione per la sua Roma, capitale di spinte sentimentali; la seconda punta sull’ipotesi di amare prima che essere amato ponendo al centro lo sguardo di un bambino. A correlare entrambe c’è una voce in prima persona, un io privo di ingombri che fantastica «tenerezze da barattare col cosmo».
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