15 Lug Recensione | Elvio Carrieri, Poveri a noi, Ventanas
Elvio Carrieri, poeta ventenne barese, firma un esordio d’autore, meravigliosamente fuori dal coro. In una Bari tutt’altro che felice, piena di scorie e di retaggi medioborghesi ammalianti eppure disgustosi, incapaci di esistere senza un secondo fine, si fa strada Libero De Simone. «Cresciuto nell’ozio e nei nuclei cittadini, operato al frenulo per ben due volte, figlio di una chimica e di un prigioniero politico. Ho creduto per vent’anni o poco più di non poter aiutare nessuno. Adesso insegno la letteratura in un carcere di massima sicurezza, appena fuori dal centro di Bari.» Compagno di classe, e poi di scorribande, di Felice Caporaletti, torturato da un fascista a 11 anni a scuola, Libero crescendo si barcamena tra “gente di lettere, cozzali, sedicenti guerrilleri” e genitori ossessionati dalla parvenza. Poveri a noi è un romanzo fiume, fatto di contaminazioni culturali e gergali, sornione, sprezzante e volutamente eccessivo, con il merito di riuscire in un’impresa letteraria ardua: sublimare la sfiga come atto poetico.
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