25 Gen “Catrame” Racconto di Manuela Montanaro – Dopolavoro Letterario n. 29
Questo è solo l’inizio. L’inizio del racconto, l’inizio dei racconti di Manuela che ho conosciuto meno di un anno fa durante il laboratorio “Una storia tutta per sé”. Questo è solo l’inizio, l’inizio della storia di una scrittrice.
Si può leggere il racconto per intero nell’ultimo numero della rivista letteraria ‘TINA.
Catrame
di
Manuela Gessica Montanaro
A San Giacinto al Monte l’inverno è un limbo di fango e marciapiedi viscidi. Mezza sega di collina che non fa la neve e a scuola ci devi andare. Lo chiamano al Monte per far stare buoni i bambini. Che dal monte scende il vecchio pazzo nato nel bosco e nel buio si prende quelli che coi rivoli di muco sotto al naso fanno incazzare la mamma e il babbo. Là, mezza eternità fa, ci stava uno che il naso non gli colava e non si sapeva da dove era nato e non si sapeva dove sarebbe morto. C’aveva tipo sei anni oppure ne parevano pochi ma erano mezza ventina portati male. Era tutto un nervo e una paresi sulla bocca, a sputare un sorriso a quelli con la giacchetta.
Le persone lo chiamavano Catrame e io non lo avevo mai capito se era per il nero sotto le unghie che non se ne veniva neanche quando se le mangiava fino al sangue oppure se era perché la madre dicevano che era una puttana handicappata che lo aveva buttato sull’asfalto fresco il giorno che era nato. E quell’asfalto ce l’aveva ancora addosso. Catrame non si sa come dormiva dove mangiava se si lavava e un se giorno avrebbe scopato.
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