“Attenti al cane!” – Storie e scrittori pugliesi Lunedì 11 febbraio alle 18 – Libreria Laterza
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“Attenti al cane!” – Storie e scrittori pugliesi Lunedì 11 febbraio alle 18 – Libreria Laterza

Per raccontare l’antologia di racconti “Attenti al cane”, edita da Laterza, pensata e realizzata dallo scrittore barese Marcello Introna (che include racconti di Mario Desiati, Andrea Piva,  Gabriella Genisi, Francesco Marocco, Gianrico Carofiglio) ci vediamo l’11 Febbraio, alle 18, presso la libreria Laterza di Bari. Comprate il libro, contribuirete alla raccolta fondi per il canile comunale di Bari. Nella raccolta di racconti c’è “Bello ma non ci vivrei”(che non parla di amore per i cani ma della ormai rara capacità di amore tra esseri umani).

Questo è l’incipit.

Bello ma non ci vivrei

E neanche mai gli passa per la testa

che è la loro certezza di essere diversi

a renderli uguali.

DFW (“Brevi interviste con uomini schifosi”)

La prima cosa che lo scrittore mi chiede, entrando in studio, è: “Come si scrive la parola felice?”Ho l’età della morte di Benedetto. Quarant’anni e quella vocina scema che mi trapana la testa: Doriana, è giunto il tempo! È giunto il tempo, Doriana. Due giorni fa ho inaugurato un posto tutto mio.Studio di Psicoterapia famigliare. Dott.ssa Doriana Santacroce. Specialista in silenzi posturali.Lo studio è l’unico edificio dell’isolato senza toni di grigio. C’è il blu, il marrone e il giallo. Certe mattine, a guardarlo bene, con tutti questi colori sparati, annoia. C’è una stanza principale che si affaccia sulla spiaggia dove ogni giorno, nel mare, nasce il sole. Ho scelto l’appartamento per questo motivo: chi vede la luce prima degli altri arriva subito alle cose. Il fatto che il mio cognome contenga la parola “santa” e poi anche “croce” è l’aspetto meno misericordioso della mia vita. Misericordia maggiore contengono la marmellata di fichi e mio marito. Ho un debole per la marmellata di fichi anche se a quel frutto sono allergica, allora, di solito, almeno una o due volte al mese, la mangio dentro una crostata che io stessa preparo, o sulle fette di pane tostato. Poi mi ingozzo di medicine e aspetto che l’intolleranza faccia il suo corso. Mio marito dice che è un lato del mio carattere troppo infantile, andrebbe limato. Le debolezze sono tipiche dei bambini. Dice. Quanto si sbaglia. Ogni volta chiudo la questione rispondendo: quella brava sono io. Misericordia. La devozione professionale mi fa stare al mondo. Mi rende umana. Il lavoro è il nuovo piacere, l’ho letto da qualche parte a proposito della questione delle donne. Anzi no, l’ho detto proprio io. Sarà stato qualche tempo fa, durante una terapia di coppia: lui non accetta il fatto che lei possa lavorare (istruttrice di palestra) e per questo, dice, la tradisce. I miei pazienti pensano che sia l’amore quello di cui hanno bisogno, mentre invece è solo un relazione che cercano. Un gioco di potere come un altro. Negli anni precedenti ho lavorato per un grosso studio. È lì che ci siamo conosciuti. I primi tempi della psicoterapia, mio marito Gino aveva gli occhi sporchi di sonno con le caccole intorno alle pupille che mi invogliavano a spegnere la luce della stanza per il timore di restarci incollata. Gino aveva chiuso con la prima moglie. Durata del loro fidanzamento: otto mesi. Durata del loro matrimonio: quattro mesi. Durata della nostra terapia: trentasei mesi. Non per i ripensamenti, nemmeno per i soldi. Lui ne ha, ne aveva dovrei dire, tanti; lei non ne ha, non ne aveva dovrei dire. Mio marito quando si tratta di pagare: paga. Devi presentargli il conto, però. Altrimenti non si sente in dovere di nulla. Gino non è stupido, anzi è l’uomo più intelligente che conosco. Però, ammettere una responsabilità non è il suo forte. A quei tempi portava i capelli rissosi, non avevano una forma. Tra un ricciolo e l’altro galleggiavano entità non identificabili; poi il suo alito, ecco. Non ho mangiato spigola al sale per mesi, durante la terapia. Qualche tempo dopo le caccole non c’erano più. Arrivava un uomo con la barba in ordine, il profumo francese, addirittura la pashmina al collo che ogni tanto dimenticava sulla poltrona dello studio per ritornare il giorno dopo a riprenderla. E dirmi.– Sarebbe bello vedersi oggi, così senza appuntamento.

– Senza un appuntamento non è possibile. Ci sono due pazienti fino all’ora di cena.

-Potremmo vederci per quell’ora.

-Quale ora?

-L’ora di cena.

Andammo a cena. Lui divorziò. Noi ci sposammo.

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