29 Gen “Diario Pelgorilla” di Sissi Patruno – Dopolavoroletterario n. 44
Sissi Patruno è una ragazza molto giovane che ho incontrato in alcuni laboratori, notando subito il desiderio di dare vita a nuove vite letterarie, un desiderio forte ma spesso anche obliquo, come se qualcuno lo spostasse continuamente lontano dalla sua atrice. Saranno luminose le sue storie, quando le finirà. Intanto vi consiglio questo diario immaginario e poetico che lei stessa racconta così: “Una sequenza di passi febbricitanti, discorsi monchi senza soluzione che l’autrice segue mentre si sforza di allacciarsi alla logica dei rapporti umani ancora giovani e immaturi. Diario Pelgorilla è il sangue che sgorga e sul terreno si raggruma in parole, che unisce poesie votate a un simulacro d’amore. Quella gioia potenziale che Pelgorilla, bestia fiera e macigno d’uomo fumoso, ha consumato fino alla cenere nei loro brevi incontri fantastici. Diario Pelgorilla raccoglie le note di uno spartito amore riposto su un pianoforte che non ha mai trovato suonatore, nonché le stupefatte rovine della speranza di un’unione sognata.” Buona lettura!
(Immagine: “Amare troppo”, scelta dall’autrice nel profilo Instagram di @exx.voto)
Poichè tu sei gorilla
io potrei essere, che so?, un maiale
fattezza di strega, profanatore di isole
immagina
su una montagna innevata, io maiale tu gorilla
ma umani
potremmo fare esperimenti del colore dell’Aurora
dischiudere risposte
su noi che ci guardiamo in noi stessi
e abbiamo paura di non capire
mentre il gorilla e il maiale
scivolano in diletto e agonia
aprono fauci e naso, fuori le lingue
io lenta a trascinare i rosei
pesi di sterco
tu a battere il petto
ignorante fracassando la voce
contro i miei singhiozzi
di felice avventura che è la nostra
immagina
quando ringrazio il cielo
tu gridi scagliandoti su me
veloce e potente
ti basta una spinta e il maiale rotola giù,
giù
la verità
la verità è che
Il maiale, di sotto al burrone, è già
carogna per lupi
Se mi avessi detto
Poetessa, guardi, quell’è
Un fosso
Profondo lei non vede il fosso
Attenta al fosso
Se mi avessi detto
Poetessa, lei ci cadrà
Trenta giorni
Di stenti agli occhi morirà
Non è altro che il fosso
Se mi concede
Il permesso,
Poetessa,
Io cucirei poesie
Se lei cade cade
E Pelgorilla ride ride
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Nella mia stanza
non si può vivere senza prima
accendere il lucernaio col sangue,
senza sacrificare brandelli di sè
-della mia poetessa!
E quando fa luce
il caldo sapore di Pelgorilla, di nuovo visibile
gli cola sul gran collo
quatta quatta al principio
dell’amor sacro
poi balzi felini mi vestono
e mostro la lingua biforcuta
orgogliosa e prospera
vedova nera
conto le goccee bevo
bevo Pelgorilla e sono felice.
Questa, signori nostri amanti,
omuncoli,
è l’eredità che ci lasciate:
assoluta e distillata confusione.
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