13 Mag Recensione | Loredana De Vitis, Il posto di Dio, Collettiva Edizioni
Collettiva Edizioni 2021
Avvelenati dai funghi, i genitori di Marta la lasciano orfana molto piccola: è il 1977, Marta ha tre anni e vorrebbe tanto una sorellina. Le tocca, invece, raccogliere i suoi giocattoli e trasferirsi da zia Roberta, la sorella della madre e crescere sognando una cosa: diventare grande e baciare un ragazzo al più presto. Alla faccia del paese, della famiglia, dei vicini di casa e perfino della parrocchia dove Marta si prepara per la Prima Comunione. L’ultimo romanzo della leccese De Vitis promette bene e mantiene meglio. Promette imprevisti e mantiene scintille, promette amore e mantiene verità, promette seduzione e mantiene innocenza. De Vitis ha una scrittura impetuosa eppure perfettamente controllata. Le parole partono dal petto e trafiggono la pagina, per renderla leggera come un’adolescenza. Con piacevole ironia grottesca la formazione di Marta passa dalla scoperta della ferocia alla scelta della tenerezza. Una storia che mostra bene quanto spesso al sud la croce abbia lo stesso sapore della delizia. E che la perdita dell’innocenza equivale, e ben venga, al fiorire dell’autodeterminazione.
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