06 Mag Recensione | Ezio Sinigaglia, Grave disordine con delitto e fuga, TerraRossa Edizioni 2024
TerraRossa Edizioni 2024, pag 108, 14 eu
La produzione letteraria di Ezio Sinigaglia è stata pensata e scritta principalmente tra gli anni 80 e 90. Con devozione e merito, la casa editrice barese Terrarossa ne ha dato alla luce riedizioni e inediti, raccogliendo favori, consensi e perfino una candidatura, nel 2020, al Premio Strega per L’imitazion del vero. Così abbiamo scoperto il mondo di un autore che resiste al presente, per certi versi lo precede. Le sue sono opere prive di classificazioni che riguardano il genere in cui racchiuderle e lo stile da attribuire loro. Ed è la ragione per cui chi lo legge, lo apprezza e prova immediatamente una sensazione che riempie di gratitudine: uno spostamento dello sguardo. Come se qualcuno improvvisamente avesse spostato un pannello che impedisse la vista di un panorama. Questo accade quando si finisce di leggere Sinigaglia. Il suo è un talento che si riversa nella pagina attraverso la capacità di osservare il quotidiano e rivestirlo di una coltre immaginativa. L’ironia della sorte, come il realismo fantastico, è la misura di quella che possiamo considerare la sua poetica dal romanzo PantaRei a Grave disordine con delitto e fuga. L’ultima fatica (in libreria dal 20 febbraio, sempre per TerraRossa) conferma che l’autore milanese sta dalla parte dell’extra-vaganza narrativa, non tanto come opposizione alla realtà ma come rimedio alla stessa. Un rimedio “sinigagliano” che rigenera, con spessore e originalità, i precedenti letterari da Landolfi a Pirandello passando per il meraviglioso di Ortese. La realtà è il motore dell’azione narrativa anche in questo romanzo, il cui protagonista è un giovane manager a capo di un impero aziendale, il cui punto più alto è costituito da un brevetto unico per la termoregolazione delle caldaie. «Da qualche tempo nella vita dell’ingegnere De Rossi c’era un lieve disordine. Lieve, lievissimo, ma oltremodo irritante per un uomo abituato, come lui, a tenere in perfetto ordine tutto: i libri, i vestiti, le macchine, la villa in città e quelle al mare e in montagna, i rapporti con la moglie e col figlio, che aveva solo tre anni, le carte, le bottiglie, le ore del giorno ed insomma ogni cosa, a cominciare dalle quattordici aziende nella cui amministrazione e gestione era a vario titolo coinvolto. Se, in un punto qualunque della sua vita, si creava un accenno di leggero disordine, l’ingegnere De Rossi riportava l’ordine nel più breve tempo possibile.» Le certezze di De Rossi crollano quando in azienda arriva il bellissimo Jimmy. «Si sarebbe potuto dire, con approssimazione accettabile, che quel fattorino diciassettenne fosse, per le sue mansioni, il più insignificante di tutti i duemilacinquecento e quarantacinque dipendenti diretti o indiretti dell’ingegnere De Rossi. Eppure da quella rotella minuscola originava un lieve disordine che originava a sua volta una lievissima disfunzione nell’intero, complesso meccanismo della sua vita ordinata.» Da quel momento comincia un gioco di rimandi comici e afflati tipici del mistery, dentro un riuscito connubio tra il giallo e il noir fosco con allusioni erotiche, narrato in terza persona da una voce che sbugiarda i personaggi senza giudizio. Tra colpi di testa e colpi di scena, restiamo affascinati da un’ulteriore prova delle possibili conseguenze dell’ossessione umana per il proprio doppio.
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